Studio Legale Panariti & Morelli

Il Giudice, anche nella materia di della diffamazione a mezzo stampa, nella determinazione del danno deve indicare le concrete modalità della quantificazione dello stesso con riferimento a ciascuno degli elementi indicati nelle tabelle milanesi in subiecta materia

La recentissima sentenza n. 8248/2024, pubblicata il 27 marzo 2024 a definizione di un ricorso curato anche da questo Studio Legale, è intervenuta per indicare i criteri cui devono attenersi i Giudici di merito per la statuizione in merito alla liquidazione del danno in materia di diffamazione a mezzo stampa.

Il Giudice di primo grado aveva, nella fattispecie, condannato le parti convenute (giornale, casa editrice, giornalisti autori dell’articolo e del filmato nonché direttore responsabile, ciascuno per quanto di competenza) al risarcimento del danno, derivante da diffamazione condotta con il mezzo della stampa o con altri mezzi di comunicazione di massa, nella misura di euro 160.000,00.

La Corte territoriale, riformando la decisione di primo grado, riduceva la condanna risarcitoria, ritenendo di liquidare il corrispondente danno in via equitativa in una misura di euro 60.000,00, notevolmente ridotta (benché dichiarandolo “di gravità superiore alla media”) rispetto a quella determinata dal Tribunale, dichiarando di fare applicazione delle tabelle approntate dal Tribunale di Milano in materia di danno da diffamazione a mezzo stampa.

La Cassazione, accogliendo il ricorso, deduce, con riferimento alla sentenza in appello, che “la motivazione della decisione impugnata si esaurisce in un generico ed indefinito riferimento al rilievo che «i fatti diffamatori [siano] di gravità superiore alla media»”, pur tuttavia “essa non è idonea a far comprendere le rationes poste alla base della individuazione della ritenuta eccezionale gravità né, conseguentemente, i criteri che hanno spinto il giudice a ritenere equo lo specifico importo” determinato in sentenza.

Afferma la Cassazione, nella sentenza in oggetto, che “in continuità con la recente Cass. n. 3772 del 2024, va ribadito, allora, che, «anche nella materia della diffamazione a mezzo stampa e relativamente alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno debba essere liquidato seguendo quelle tabelle, quali elaborate dal Tribunale di Milano, che prevedano parametri oggettivi e diffusamente adoperati, a cominciare dalla notorietà del diffamante, dalle cariche pubbliche e il ruolo istituzionale o professionale eventualmente ricoperti dal diffamato, dalla natura della condotta diffamatoria, dall’esistenza di condotte diffamatorie singole, reiterate o dall’orchestrazione di vere e proprie campagne stampa. E, inoltre, considerando: la collocazione dell’articolo e lo spazio che la notizia diffamatoria occupa; l’intensità dell’elemento psicologico in capo all’autore della diffamazione; il mezzo con cui è stata perpetrata la diffamazione e la sua diffusione; la risonanza mediatica suscitata dalle notizie diffamatorie; la natura ed entità delle conseguenze sull’attività professionale e sulla vita del diffamato; la limitata riconoscibilità del diffamato; la rettifica successiva e/o lo spazio dato a dichiarazioni correttive del diffamato ovvero il loro rifiuto. Con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione».

Dopo detto excursus, la Suprema Corte viene così a censurare quanto deciso nella sentenza d’appello: “Nella odierna fattispecie, dunque, le doglianze in esame si rivelano complessivamente fondate, atteso che la corte territoriale, dopo avere richiamato le tabelle del Tribunale di Milano nella materia, pur avendo considerato quello in esame come un caso di «gravità superiore alla media» di danno non patrimoniale, … si è anche limitata unicamente ad affermare come “equa” la liquidazione del danno nella misura di € 60.000,00, senza nulla puntualizzare, tuttavia, in ordine alle concrete modalità di detta quantificazione, con riferimento a ciascuno degli elementi di riferimento menzionati proprio nelle citate tabelle milanesi”, cosicché “In definitiva, la motivazione della corte di merito concernente la liquidazione del danno non patrimoniale riconosciuto all’odierno ricorrente nella misura suddetta si rivela errata” in quanto “inidonea a far comprendere realmente i criteri che hanno spinto il giudice a ritenere equo lo specifico importo di € 60.000, ed inadeguata alla peculiarità del caso concreto”.

Condividi l’articolo su Linkedin:

Avvocato Paolo Panariti
Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Il contenuto è protetto!